Chi l’avrebbe mai detto ma oggi il detto popolare è proprio vero: l’uomo propone e Dio dispone.
Arriva la Pasqua e tutti o almeno una gran parte di persone fanno programmi di vacanze , viaggi fuori porta, picnic nei prati, insomma tutti pensano di passare il primo scorcio di primavera divertendosi, facendo qualcosa di diverso dunque per smaltire la ruggine accumulata durante l’inverno.
Non avevo fatto grandi progetti.Quando le primavere si sommano sino a formare una bel tesoro di esperienze di ogni tipo s’ impara a scegliere cosa fare.
Volevo semplicemente restare con le persone che amo e godere della loro presenza.
Avremmo così potuto trascorrere insieme un paio di giorni tranquilli senza gli impegni e i possibili condizionamenti che alle volte ci impediscono di essere sereni.
Dovevo convincere Janete a venire in campagna in Brianza a casa di mia madre, cosa non facile, ma speravo che l’atmosfera della Pasqua avrebbe aiutato l’impresa; sì l’impresa perché convincere Janete a muoversi dal suo rifugio di Milano non è mai stata una cosa semplice.
In ogni caso per realizzare il mio desiderio avrei dovuto provare, ma purtroppo le cose cambiano quando meno te lo aspetti.
Giovedi notte la sorpresa:le mie urine sono rosse, rosso sangue, sangue in quantità, e un dolore intenso, continuo.
Di nuovo? Era già successo agli inizi di Dicembre dello scorso anno, una cosa che si era risolta da sola in un giorno senza nessun intervento o cura.
Forte dell’esperienza e ottimista come sempre mi dico : bene oggi vado dal mio medico e mi faccio fare le impegnative per un controllo, sempre pensando che per prudenza era meglio dare un’occhiata al sistema di trattamento dei fluidi personali.
Chiamo Janete e la metto al corrente della novità tranquillizzandola ,a parole, e raccontando che come già era successo tutto si sarebbe risolto rapidamente.
Janete non si tranquillizza affatto e ha una voce diversa dal solito, roca bassa con toni acuti strani. Non riesco a tranquillizzarla, Janete piange e non mi spiego il perché, anche se dovrei. Conoscendola ormai da tanti anni dovrei avere finalmente capito e accettato che ,anche quando mi sembra impossibile ,Janete percepisce le cose nel loro divenire e ha capito che sarà una Pasqua particolare e mi dice :”vedi di essere forte e reagisci, non lasciarti andare”
Passa lagiornata con alti e bassi e nonostante tutto penso che anche questa volta il.problema si risolverà da solo.La notte passa relativamente tranquilla.
La mattinata di Giovedi non è di quelle giuste, un dolore intenso durante la minzione e il ritorno di una massiccia presenza di sangue mi sorprende e allo stesso tempo mi mette in uno stato d’agitazione: quale sarà mai la ragione di tanto sangue, e poi perché così dolorosa la minzione?
È la prima volta che mi capita un episodio così e l’ignoranza aggiunta al fatto che il sangue sembra aumentare mi convince che assolutamente devo andare dal mio medico; lei certamente bravissima ed efficiente come sempre saprà darmi le giuste indicazioni e a prescrivere le cose da fare.
La potrò però vedere solo dopo le quattro del pomeriggio, orari nel quale inizia l’ambulatorio.
Intanto i problemi e la frequenza della minzione aumentano così come aumenta il dolore.
Sono dal medico ma quel pomeriggio la dottoressa Sironi è chiamata per una emergenza proprio durante l’ambulatorio e io e altri quattro pazienti in attesa restiamo sino alle sette di sera ad aspettarla. Non arriva e mamma Elena, la mia novantanovenne è a casa da sola che da un’ora aspetta che venga preparata la cena.
Decido di rimandare la visita al mattino di Venerdi, l’ambulatorio è dopo le dieci.
La notte è orribile, ogni cinque minuti devo andare in bagno al punto che ci resto per la maggior parte del tempo, soffrendo dolori acutissimi alle parti basse come avere un ago che s’ infila nelle carni e un dolore crescente che poi si riduce e quasi scompare, sostituito da un bruciore insistente e poi sangue e sangue.
Sono le cinque del mattino e comincio a preoccuparmi davvero, devo chiamare il medico per chiedere un aiuto e sapere cosa fare per ridurre almeno il dolore. Penso anche di prendere la macchina e andare al pronto soccorso dell’ospedale di Vimercate, cosa fare?
Incomincio a pregare chiedendo aiuto ai santi, e mi viene in mente Santa Rita che prego intensamente:”fammi almeno passare un poco il dolore.”
Sarà la preghiera sarà la Santa, sarà che mi tranquillizzo, riesco a dormire quasi un’ora fino alle sei:una liberazione!
Alle sette ricomincia la storia e decido allora di andare al pronto soccorso ,metto in una sacca pigiama spazzolino dentifricio ciabatte e un cambio di biancheria. Non si sa mai che mi tengano lì, penso io e mi metto in macchina con dolori fortissimi, ma devo andare e resisto.
Sabato santo, al pronto soccorso poca gente.
Dopo la registrazione fatta rapidamente all’accettazione mi siedo in sala e aspetto. Si sa che quando si va al pronto soccorso i tempi possono dilatarsi, del resto mi hanno assegnato il codice verde.
Non vedo né gialli né rossi e davanti a me ho due persone, oggi facciamo in fretta, meno male.
Passano comunque un paio d’ore e prima che mi chiamino devo andare sei volte in bagno ,con la solita sofferenza atroce . Il sangue continua a fluire copioso sembra quasi che l’urina non ci sia più :tracce durina nel sangue. Finalmente mi chiamano. Il medico di turno mi fa qualche domanda e nel contempo l’infermiere mi fa sdraiare sul lettino.”scopra l’addome” mi dice il giovane medico. Mi palpa di qua e di là e poi si risiede davanti al monitor. “È una cistite emorragica, adesso le prescrivo l’antibiotico da prendere una volta al giorno, una volta! Può aspettare fuori che la chiamiamo noi appena abbiamo le analisi del sangue.”
Non mi hanno chiesto altro . Possibile che non serva una ecografia una tac un’esame delle urine? Ma poi se non hanno ancora visto gli esami come fanno a decidere? Forse si sono informati via telefono.Non sono medico, mi fido e dopo essermi rivestito prendo la mia roba e mi accingo ad uscire.
Una ragazza forse una infermiera dice che gli esami stanno già arrivando, mi fermano e aspetto lí il risultato ben scritto sul documento di dimissione.
All’improvviso l’arrivo d’una urgenza indifferibile. Esco di volata, e mi infilo nel bagno per la settima volta.
Nella fretta dimentico di prendere la borsa con i documenti del medico e altre cose, prendo.la vettura e via alla svelta verso casa. Non sono lontanissimo, venti minuti se il traffico non è intenso. Sono quasi arrivato che mi rendo conto di aver dimenticato la borsa, devo tornare comunque, cistite o no, nessun altro potrebbe farlo.
Recupero la borsa ritorno in bagno vado in farmacia a comprare gli antibiotici e torno e mi dirigo verso casa.
Mi sembra di stare meglio, l’aria di casa fa miracoli.La notte comunque è una di quelle difficili.
Sabato mattina sento suonare il campanello è la mia dottoressa che sentito il messaggio che avevo lasciato alla segreteria è venuta a vedermi.
Ascolta il mio racconto e rapida ed efficiente come sempre mi prescrive un tipo diverso di antibiotico un controllo urine e mi dice “non le hanno fatto una ecografia una tac al pronto soccorso?” Non rispondo.
L’espressione che le si dipinge sul viso vale più di mille parole.
“Quanto pesa? Meglio che di pastiglie ne prenda due al giorno una ogni otto ore”.
Dovrei trovare una farmacia per prendere l’antibiotico diverso che la dottoressa mi ha prescritto, ma è Pasqua e dove mai ne troverò una aperta? E poi come faccio a girare in cerca di una aperta con questo problema? Mille considerazioni e un pensiero fisso:speriamo che non mi tornino i dolori.
Purtroppo il sangue non si ferma e il dolore pure, la speranza non serve a risolvere il problema.Non voglio nemmeno pensare sia necessario tornare in ospedale, meglio evitare.
Le frequenze delle mie visite alla sala del bagno aumentano gradualmente e con loro l’ansia e la preoccupazione .È Pasqua, andare adesso in ospedale chi trovo?
Passa il tempo e le cose peggiorano. Non voglio che mia madre che mi vede andare e venire si preoccupi oltremodo e quindi faccio finta di niente. Non sapendo che il sangue continua non dovrebbe preoccuparsi più di tanto. Cosa potrà pensare? Ad ogni modo io continuo a far finta che le cose procedono normalmente e come solito mi metto a preparare il pranzo per noi due:cotolette di agnello aglio e rosmarino al forno con le patate. Mamma è tranquilla mi vede trafficare in cucina fischiettando e mi sorride: una consolazione.
Vado e vengo e non dico niente, le cose peggiorano a vista d’occhio. Decido di prendermi un secondo antibiotico dell’unico che ho
. Lo stomaco è vuoto e poco dopo la sua assunzione sento un dolore allo stomaco e un senso di nausea, l’effetto del farmaco? Beh una sensazione orribile che si aggiunge al resto. Intanto un profumo d’arrosto invade la cucina e mamma esclama:”senti che profumino,cosa hai fatto oggi di buono? “Coscette d’agnello con patate, saranno una delizia ” e via di corsa.
A pranzo non riesco a deglutire neanche un boccone prendo due patate tanto per sentire il sapore è ottimo mamma sarà contenta.
Mi sdraio per cercare di attenuare i dolori e rallentare la frequenza.
Mia figlia Beatrice mi chiama per farmi gli auguri. Le racconto in breve ciò che sta accadendo . Le invio un whatsup con la foto dell’ultima minzione. Bea è preoccupata e mi risponde con un rimprovero: papà!vai subito in ospedale! Cosa aspetti!.
Aspetto ancora, non ho nessuna voglia d’andare al pronto soccorso e finalmente mi decido. Sono già le cinque di pomeriggio. Riprendo la borsa che avevo già svuotato le poche cose che penso possano servire nel caso mi ricoverino e presa la vettura, che era rimasta parcheggiata fuori dal cancello torno al pronto soccorso.
Incredibilmente il viaggio di una ventina di minuti che mi separa dall’ospedale trascorrono senza problemi.
Il parcheggio del pronto soccorso è pieno, neanche un posto. Faccio un paio di giri e alla fine decido di spostare due dischi di cemento che delimitano lo spazio e infilo la vettura.
La sala è piena di gente. È Pasqua, la gente viaggia gli incidenti aumentano i medici di base sono pochi , i bambini si fanno male giocando e allora i pronto soccorso s’intasano.
Sono in fila davanti a me quattro persone per due sportelli.
Rapidamente spiego l’accaduto.L’addetto allo sportello non è lo stesso del giorno prima, mi guarda dritto negli occhi verifica il foglio del giorno prima e mi iscrive di nuovo tra i pazienti in attesa.
Mi siedo e guardo il monitor:tutti verdi nessun giallo nessun rosso, in attesa della visita del chirurgo siamo in due.Oggi facciamo presto, e mentalmente mi vedo già fuori, magari con una cura diversa…essere ottimisti non guasta.
Passa un’ora, e io che ho già visitato il bagno due volte sono lì in attesa.Nel frattempo s’inserisce un arrivo giallo che si piazza lì sul monitor a dirmi:caro mio adesso aspetti ancora un poco.
La pazienza è la virtù dei forti, ma nel mio caso devo fare i conti con il dolore che della pazienza proprio non tiene conto.
Passano due ore e mezzo e finalmente vengo fatto entrare. Mi trovo con di fronte un flaconcino e un infermiere che mi dice “faccia l’urina qui se non riesce mettiamo il catetere”
Nessun bisogno di ulteriore dolore. Un fiotto deciso, e mentre una parte finisce fuori e un po dappertutto, riempio il flaconcino e anche il water. Sembra che abbia urinato un lambrusco Doc. Mi sento tranquillo soddisfatto e sorpreso allo stesso tempo.la minzione è una delle più facili se non la più facile da due giorni.forse l’antibiotico del giorno prima? Beh rientro nei locali dell’accettazione, consegno il campione che poso su di una scrivania.
“Lo metta li sul tavolo, esca e aspetti la chiamiamo noi”
Siamo di nuovo in attesa.
Non ricordo l’ora ma di tempo ne è passato un bel po.
Entro di nuovo nei locali e l’infermiere mi chiede di aspettare. Devono recuperare un letto per me, e al momento pare non sia disponibile. Aspetto seduto su una sedia e finalmente dopo una mezz’ora arriva una barella, non un letto.”di letti non ne abbiamo al momento ci scusi ma deve mettersi qui”
La barella non è affatto confortevole, dura quanto basta a far quasi male, ma visto che troveranno un letto mi attrezzo di pazienza e di speranza insieme.
Intanto l’infermiere gentilissimo, arriva e mi dice “dobbiamo mettere il catetere” La sola parola mi mette in ansia, inutile comunque agitarsi, il coltello per il manico ce l’ha lui e pertanto meglio calmarsi.
Controllo i movimenti dell’infermiere che dopo essersi eclissato dietro la porta ricompare con in mano delle confezioni dalle quali appaiono una siringa un’altra cosa che non distinguo e un oggetto lungo e flessibile: il temuto catetere.
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